Ciao! Una buonissima zuppa di fagioli dall’occhio con funghi secchi e porri è quella che oggi io e Kika vi faremo assaggiare Non è buona di più!
ZUPPA DI FAGIOLI DALL’OCCHIO
TEMPO PREPARAZIONE 20 minuti
TEMPO COTTURA: 25 minuti
PORZIONI 4 persone
INGREDIENTI
Fagioli dell’occhio secchi – 300 g
Funghi secchi – 50 g
2 cipollotti (o 1 porro)
1 gambo di sedano
Pane secco o fatto tostare
Dado vegetale biologico
Olio extra vergine di oliva
Sale
Pepe
PREPARAZIONE
1. Mettete in ammollo per una notte i fagioli con abbondante acqua e un po’ di bicarbonato, quindi sciacquateli in acqua corrente, aggiungete nuova acqua e fateli cuocere a fuoco lento per un’ora.
2. Fate ammollare i funghi in acqua tiepida per circa 10 minuti.
3. Nel frattempo tritate il sedano e mettetelo a soffriggere in olio in una pentola capiente, subito dopo aggiungete i cipollotti ( oppure i porri) tagliati a rondelle, quindi i funghi scolati; appena sono rosolati sfumate con 3 mestoli della loro acqua di ammollo e aggiungete il dado.
4. Appena il dado si è sciolto versate i fagioli insieme alla loro acqua di cottura; aggiustate di sale e pepe, mescolate il tutto e lasciate cuocere a fuoco lento per altri 10/15 minuti.
5. Servite la zuppa con le croste di pane e, a piacere, con un filo d’olio e una spolverata di parmigiano.
E ora passiamo al quadro che ha ispirtato la ricetta… lasciamo la parola a Kika.
La meta di oggi ci vede alle prese con un noto pittore del ‘500 italiano: Annibale Carracci. Nato nel 1560, Carracci era originario di Bologna ma visse e operò molti anni a Roma dove morì a soli 48 anni dopo una lunga depressione. Oltre che per i numerosi ritratti è ricordato soprattutto per molte opere di grande respiro, come affreschi e dipinti per chiese e palazzi emiliani e romani (uno su tutti: Palazzo Farnese a Roma).Con “Il mangiatore di fagioli” (1583) Annibale Carracci ci propone un soggetto sorprendentemente nuovo nella storia dell’arte di quell’epoca: il ritratto di un popolano così com’è, nella bellezza onesta della sua verità, senza intenti buffoneschi.
Vi ricordate “I mangiatori di ricotta “di Vincenzo Campi, dello stesso periodo storico? Ecco, lì lo sguardo del pittore era quello tipico di quel tempo: una strizzata d’occhio ai “bassi appetiti” della gente rozza, una rappresentazione dai tratti esagerati e quasi caricaturali, per far ridere lo spettatore della loro voracità e delle fattezze grossolane di visi e corpi.
Il mangiatore di fagioli invece si fa osservare in rispettoso silenzio. Qui non si ride, è in scena la meritata pausa serale di un lavoratore stanco ed affamato dopo la giornata di fatica. I lineamenti e l’espressione dell’uomo non sono esasperati, sono esattamente quelli che sono, né più né meno. Ecco perchè Carracci ha il merito di essere un “realista ante litteram”: uno che ci ha visto lungo e ha saputo anticipare di tre secoli la corrente del Realismo (espressa in quadri famosi come “Il vagone di terza classe” di Daumier o “L’Angelus” di Millet).
Il “Mangiatore di fagioli” poi è un ottimo spunto per capire cosa si trovava sulle tavole popolane del tardo ‘500. Gli alimenti che vediamo disposti sono quelli che ancora oggi fanno da ingredienti per tanti piatti della cucina casereccia: pane e minestra, cipollotti, funghi non pregiati, vino da pasto… e naturalmente i buoni, cari, vecchi fagioli, la “carne dei poveri”, tanto rivalutata dai nutrizionisti odierni.